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Curiosità

La trippa alla pistoiese
Data 11 Novembre 2019

La trippa alla pistoiese

A mio nonno paterno piaceva tantissimo e ricordo che se la cucinava da solo (doveva mangiare sciapo per problemi cardiocircolatori), gustandosela poi con sopra una montagna (nel vero senso del termine!) di parmigiano grattugiato, che lui metteva davvero su ogni piatto. La trippa in umido perciò mi ricorda un po’ l’infanzia, ma ho continuato a mangiarla negli anni, anche perché pure mia mamma la fa buonissima. La trippa è un piatto tipico toscano, specie fiorentino, molto conosciuto, replicato in mille versioni in tutta Italia e nel mondo (perfino in Giappone!), ma la ricetta della trippa alla pistoiese, come la faceva mio nonno e come la fa ancora oggi mia madre, è stratosferica per me. Lo so, son frattaglie – come quelle del Carcerato, altra ricetta locale – e non a tutti piacciono, ma vi garantisco che così com’è cucinata non fate caso al fatto che si tratta di interiora (parti dell’intestino della mucca) e perdipiù, al contrario dell’apparenza, è carne molto magra. Per la trippa tipica pistoiese – quella che si fa a casa mia – ci vorrebbero un pezzo di croce, uno di nido di vespa e uno più piccino di lampredotto , da tagliare a strisce. Per prima cosa va scottata appena in acqua salata e poi passata in acqua fredda per rinfrescarla. In una casseruola si fa un soffritto di cipolla, carota, sedano e aglio (ma anche solo cipolla e aglio) tritati fini fini in olio extravergine d’oliva; una volta imbiondito, si aggiungono pomodori pelati e un cucchiaio di pomodoro concentrato. Dopo poco si versa dentro la trippa, si condisce con sale e pepe a piacere e si lascia cuocere sino a che il sughetto di pomodoro non è ben ritirato e la carne si scioglie in bocca. Mia madre alla fine spolvera con del prezzemolo fresco tritato, ma potete anche solo mettere un altro po’ di pepe e soprattutto, immancabile, il parmigiano grattugiato. Da mangiare caldissima intingendo del pane fresco nel sugo.

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