Città della faziosità e della polemica: tanti etichettano in questo modo Pistoia e attribuiscono un’indole litigiosa a tutti coloro che la abitano. Un giudizio non veritiero, secondo me, se si parla dei pistoiesi di oggi, che è stato esteso ai tempi nostri in ragione di vicende storiche di secoli fa, quelle sì reali, la cui eco si è avuta anche nelle opere di grandi autori.
A partire dal più grande di tutti, Dante, che a un pistoiese, certamente tutt’altro che pacifico ed onesto, ha dedicato una parte di un canto dell’Inferno nella sua Divina Commedia: Vanni Fucci, che rubò arredi e oggetti sacri nella cappella di S. Jacopo nel Duomo, a cui fa dire “Vita bestial mi piacque e non umana, sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci bestia, e Pistoia mi fu degna tana”; segue un’invettiva dell’Alighieri contro Pistoia, forse dovuta però al fatto che allora lo scrittore voleva rientrare in Firenze e perciò aveva bisogno di prendere le distanze da Ghibellini e Guelfi Bianchi (Pistoia era allora una città Guelfa Bianca). Tutti i torti comunque il Sommo Poeta non li aveva, visto che per quasi tre secoli la nostra città fu teatro di una guerra sanguinosa tra fazioni avverse, capeggiate dalle più potenti famiglie nobili locali, i Panciatichi, di parte Guelfa, e i Cancellieri, Ghibellini, alle cui lotte si mescolò poi lo scontro tra Bianchi e Neri, con una divisione degli stessi Cancellieri. Fu proprio il dissidio tra le due casate a favorire la decadenza del Comune e la sottomissione da parte di Firenze nel 1401. Ma nemmeno così ebbe fine lo scontro interno, che durò di fatto fino al 1529. Molti degli splendidi angoli del nostro centro storico furono teatro delle sanguinose battaglie tra i Panciatichi e i Cancellieri: tra i luoghi simbolo della lotta sicuramente c’è quello che era il quartier generale dei Panciatichi, appunto Palazzo Panciatichi, lungo l’attuale via Cavour; ma combatterono in tutta la zona compresa tra la Chiesa di S.Pietro Maggiore, San Bartolomeo, Palazzo dei Cancellieri e la Chiesa di San Paolo. Quest’ultima fu addirittura trasformata dai Panciatichi in una sorta di fortino durante le battaglie dell’estate del 1500 e si narra che i Cancellieri, alla fine degli scontri, si vendicarono degli avversari gettandoli dal campanile.
Perfino uno storico americano, William J Connell, nel sui libro “La Città dei Crucci” scrive che durante tutto il Medioevo e nei secoli seguenti i pistoiesi onorarono la tradizione secondo cui la città era stata fondata dai discendenti di Catilina, politico romano malvagio e corrotto, sconfitto e ucciso in battaglia vicino Pistoia nel 62 a.C. e sepolto dove ora sorge la Torre di Catilina, nei pressi di Piazza del Duomo.
A confermare la fama di Pistoia come città della faziosità e della divisione anche, più recentemente, D’Annunzio, che nel suo poema Elettra – Le città del silenzio: Pistoia ne dice “T’amo, città di crucci, aspra Pistoia,/pel sangue de’ tuoi bianchi e de’ tuoi Neri,/che rosseggiar ne’ tuoi palagi fieri/veggo, uom di parte con antica gioia.”
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