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La Tempesta rappresenta il testamento teatrale di Shakespeare: il dramma sta nell’impossibilità di rappresentare il sogno, vero motore della macchina teatrale che coinvolge un Prospero, ove la sua “isola” è uno stato mentale, dimensione onirica di un regista visionario di una messinscena impossibile. Prigioniero della sua storia, chiederà di mettere in scena la sua tempesta ad attori che dovranno farsi carico di tutti i personaggi dello spettacolo… fino all’epilogo, quando si accorgeranno di aver fatto un percorso sotto l’influsso della “magia” di Prospero, quando cioè si vedranno specchiati in un teatrino dove tutti i personaggi sono evocati da piccole figure in argilla che si disciolgono con l’acqua sul corpo di Prospero stesso, come a chiedere perdono e congedo per i mali commessi nel celebre epilogo finale. La scena, delineata da tre sipari lacerati, ad evocare i vari luoghi dell’isola, è insieme gabbia scenica che impedisce loro di uscire dalla rappresentazione, ove si svolge quello che resta di un gioco teatrale. Sono previsti inoltre laboratori preparatori che, con l’improvvisazione (metodo consueto della compagnia), coinvolgeranno gli attori alla ricerca della loro trasfigurazione fisica. Particolare attenzione sarà rivolta a Calibano, per indagare il mito dell’uomo selvaggio, il diverso, l’indigeno: unico personaggio che porta con sé una dimensione di pìetas.